18/03/05

E' che non sempre le parole mi escono, così, fluide.
Non sempre ho ben chiaro cosa voglio.
E raramente riesco ad avere quel controllo sulle situazioni che gli altri mi attribuiscono.
Il più delle volte improvviso sul tema "Ce la posso fare".

Così anche ora che avrei mille cose da raccontare, non so da dove cominciare, che tono usare, cosa sia più urgente da dire. Ma almeno ci posso provare.

Mi è successa una cosa. Una cosa che non doveva succedere a SuperAlle, perchè SuperAlle non sa sempre cosa sia giusto e cosa no, ma sull'argomento in questione ha le idee chiare. E si è sempre regolata di conseguenza.
Ma poi l'alcol, un po' di malinconia, l'alcol, e qualche crepa negli argini della sua tanto sofferta coerenza hanno avuto la meglio su un cervello malato che non si riposava da un po'.
Avrei potuto reagire in mille modi. Nel dubbio ho scelto la strada più volte battuta del "me la cavo da sola". E così ho perso un'occasione importante. Mi sono ancora una volta negata il lusso di appoggiarmi a qualcuno, di nutrire e coltivale la sana consapevolezza di aver bisogno di qualcun altro.
E sia. Ormai l'argomento rimarrà sotterrato sotto il mio orgoglio per chissà quanto.

Nel frattempo è arrivata la primavera. Ho compiuto 25 anni per la quinta volta. E la combinazione di queste due cose ha dato vita alla più colossale potatura di rami secchi che le mie primavere ricordino (No Fred, tu no, tranquillo.). Compensata però da una poderosa voglia di piantare nuovi semi.
E se anche si tratta solo di un numero, e lo so, non vuol dire nulla, e poi è sicuramente più trandy essere una trentenne stile Sex and the city che una sedicenne stile The O.C. (che comunque non sono stata nemmeno a 16 anni)... nonostante tutto ciò dicevo, a me il 30 non piace. Quello 0 mi dice che è ora di tirare una riga e fare 2 conti. E facciamoli allora questi conti, che così non ci penso più, che sarà un anno che calcolo parziali e preventivi! E i numeri non sono mai stati la mia passione.

In tutto ciò ho avuto Ciccio in versione Chef a casa per ben 15 giorni, con grande gioia di tutti gli orfani della Casa di Pony. E non solo. Ciccio ha mille difetti e mille pregi, come tutti, ma ha una cosa che lo rende immune alle potature. Quando Ciccio mi abbraccia (e ringranziando il cielo Ciccio mi abbraccia, eccome, non è uno di quelli a cui vengono bolle, eritemi ed irritazioni ad ogni gesto di affetto!) mi sento come Audrey in Colazione da Tiffany: sento che nulla di brutto può succedermi.

In tutto ciò un ramo potato nel 2003 sembra rigermogliare. Sembra. Ma forse no. Nel dubbio mi accorgo che negli anni ho imparato a gestire con una certa classe i dastacchi e gli abbandoni ma non i ritorni.

In tutto ciò ho ricevuto la mia prima festa a sorpresa. Con sbronza colossale annessa. Spettacolare.
V. "Pizza questa sera?"
A. "Ok. Chiamo io cosa vuoi?"
[E penso: vabbè, l'ho detto io che non voglio festeggiare, ma porco cazzo, è tutta la settimana che mangiamo come se non ci fosse un domani, e proprio questa sera PIZZA? Beata innocenza!]
V. "Guarda, io devo comprare le sigarette, ci passo io. Mi accompagni?"
A. "Ok."
C. "Andate a prendere la pizza???"
A. "Sì..."
C. "Mi fai bancomat?"
A. "Ok. Quanto?"
C. "Ehm... bho. Vabbè 50."
I segnali c'erano tutti, lo so. Ma io niente, non mi ha nemmeno sfiorato il dubbio. Avrebbe dovuto pur suonarmi strano che mi spedissero a fare Bancomat, prendere le sigarette e comprare le pizze, praticamente a fare il girotondo del quartiere il giorno del mio compleanno... Ma io niente. L'elogio del pirla.
Al mio rientro tutto sembra normale. Poi sento qualcosa... sembra.. una batteria? Sì è una batteria. E c'è anche un basso. E il coro deglio Orfani della Casa di Pony al completo che canta Tanti auguri a teeeeee. Sono tutti insieme, coro e strumenti in camera di C.
Il resto è da qualche parte, sfocato, nella mia mente offuscata da Martini e Baileys e non so bene cos'altro.
L'ultimo pensiero lucido dev'essere stato: "Lo dice sempre mia madre che devo prepararmi anche per andare a fare Bancomat!".
Ma forse non ero già più lucidissima.

In tutto ciò ho avuto ho finalmente trovato la risposta ad una domanda che mi teneva sveglia la notte da mesi: dove metto la libreria? Eh già, la mia camera (e in un certo senso le mie priorità con essa) hanno trovato un assetto semi-definitivo, che poi è il massimo che potevo ottenere, visto che si parla di me. E ora che ho un posto dove c'è luce e spazio, dove posso sentirmi a casa, dove Guglielmo ritrova le sue cose, ora di colpo ho una gran voglia di scrivere. Ma guarda un po'...